Veicoli elettrici - mobilità - tecnologie - ambiente - energia rinnovabile. L'esaurimento delle risorse e le conseguenti ripercussioni politiche ed economiche rendono necessario ridurre la dipendenza dall'importazione di prodotti petroliferi e spingere quindi verso lo sviluppo di fonti energetiche alternative. I veicoli elettrici possono utilizzare tecnologie e risorse nel modo più efficiente.


giovedì 12 giugno 2008

KiteGen: una centrale elettrica che sfida l'energia nucleare

Obiettivo del progetto italiano KiteGen è produrre quanto un generatore atomico
Con 200 aquiloni su un anello ruotante si avrebbe una potenza di mille megawatt
Una centrale elettrica ad aquiloni
l'ultima sfida all'energia nucleare
Il sistema funziona a un'altezza di 800-1000 metri dal suolo
Se avete mai usato un aquilone, avete sentito quanto il vento tira sulle mani. Più è grande, più tira. Come vi spiegherà qualsiasi amante di kite surfing, possono far volare anche gli uomini. "Anzi - dice Massimo Ippolito, kite surfer per hobby - li costruiscono inefficienti apposta, altrimenti ti porterebbero via". Più in alto arrivano, più forte tirano.
A questo punto non è più un gioco per bambini e neanche uno sport. E' un'occasione: le forze, in natura, non si sprecano. Soprattutto, se si possono usare per generare elettricità. Forse ci voleva l'incontro fra un kite surfer come Ippolito e un appassionato di vela, come Mario Milanese, docente al Politecnico di Torino, perché scattasse l'idea di rivoluzionare dalle fondamenta il modo di produrre energia eolica.
Il fatto che il primo abbia un'azienda di sistemi automatizzati e il secondo insegni Controlli automatici all'università ha solo fornito gli strumenti per dare la scalata ad un obiettivo, a prima vista, impossibile: produrre tanta energia elettrica quanto una centrale nucleare, solo grazie al vento. Partendo non dalle gigantesche eliche delle turbine che ormai si costruiscono un po' dappertutto, ma dagli aquiloni dei bambini.
KiteGen, come si chiama il progetto a cui lavorano Milanese ed Ippolito, non è l'unico nel mondo a puntare in questa direzione, ma è anche uno dei rarissimi casi in cui l'Italia, che le energie rinnovabili, normalmente, si limita a comprarle, è alla frontiera della ricerca. All'idea del vento dagli aquiloni lavorano anche, infatti, almeno altri due gruppi, in Olanda e in California.
E' una guerra di brevetti. Perché, se gli esperimenti confermeranno le prime verifiche e i primi risultati dei prototipi, è come mettere le mani su una sorta di pietra filosofale, capace di scavalcare le debolezze più vistose dell'energia eolica e, in generale, delle energie alternative: costose, si dice, ingombranti, incostanti, troppo poco potenti. Dalla parte degli aquilonisti, c'è, anzitutto, il vento. Quanto forte soffia, per cominciare.
A 80 metri di altitudine (l'altezza normale di una turbina) il vento spira, in media, nel mondo, a 4,6 metri al secondo, un po' più di 16 chilometri l'ora. E' un primo problema. Sotto i 4 metri al secondo, infatti, le turbine, normalmente, vengono spente, perché diventano antieconomiche. Il Texas occidentale - dove l'Enel ha appena varato una centrale eolica con 21 turbine - è un'area ricercatissima, perché il vento soffia in media a 7-8 metri al secondo (un po' meno di 30 chilometri l'ora), che viene definita una velocità ottimale. Ora, a 800 metri di altitudine, il vento soffia, in media, nel mondo, a 7,2 metri al secondo. La velocità ottimale. E un parametro cruciale, perché, spiegano i manuali di fisica, l'energia che si può ottenere dal vento aumenta in modo esponenziale con la sua velocità. "A mille metri di altezza - dice Milanese - l'energia che puoi ottenere è otto volte quella disponibile a livello del suolo".
Il secondo problema del vento è che, in molti posti, non c'è sempre o, semplicemente non ce n'è. A De Bilt, in Olanda, che è un posto ventoso, le turbine funzionano 3 mila ore l'anno, in pratica un giorno su tre. A Linate, nessuno installa turbine, perché il vento è zero. Ma chi l'ha detto che la pianura padana è senza vento? Basta andare a 800 metri d'altezza: c'è vento per 3 mila ore l'anno, quanto a De Bilt per le turbine. E, nel cielo sopra De Bilt, si arriva a 6.500 ore, più di due giorni su tre. A Cagliari, si passa da 2.800 a 5 mila ore. Di vento, insomma, ce n'è molto di più di quanto si possa pensare sulla base dell'industria eolica attuale. Ma come catturarlo? "Con lo yo-yo" rispondono Milanese e Ippolito: un aquilone che sale e scende nel cielo.
In un capannone di Chieri, alle porte di Torino, l'aquilone elettrico dispiegato non è altro che un normale kite per il surfing. Assicurato a due leggeri cavi, da 3 millimetri di diametro, lunghi 800 metri, l'aquilone si libra in volo, sostenuto dal vento. Srotolandosi, i cavi fanno girare due cilindri ed è questa movimento che genera energia, come si carica una dinamo. Ma questa è la parte più facile. Da buon velista, Milanese spiega che una barca con il vento in poppa va meno veloce di una barca che lo prenda ad angolo acuto.
In termini scientifici, la potenza generabile dall'aquilone aumenta in funzione della velocità con cui si muove rispetto al vento. La parte importante del KiteGen è, infatti, il sistema di navigazione. Dei piccoli sensori, con rilevatori Gps, sono fissati sull'aquilone e collegati con un computer a terra che gestisce la navigazione dell'aquilone: un software manovra piccole trazioni sui cavi per assicurare che il kite proceda tracciando vorticosi 8 nel cielo. Grazie a queste scivolate d'ala, l'aquilone aumenta il suo differenziale di velocità rispetto al vento e, dunque, la potenza elettrica generabile. In pratica, l'aquilone si comporta come la striscia più esterna dell'elica di una turbina, senza dover far girare complicati ingranaggi: "Di fatto - dice Milanese - prendiamo la parte migliore di una turbina a vento e la mettiamo dove il vento è più forte".
Quando il cavo è tirato al massimo, l'aquilone non genera più elettricità. Uno dei due cavi viene mollato, l'aquilone si impenna, non offre più resistenza al vento e viene riabbassato: "Per recuperarlo, consumiamo il 15% dell'energia generata in ascesa". Il passo successivo è immaginare una serie di questi yo-yo che funzionano insieme. "Basterebbe tenerli distanti 70-80 metri l'uno dall'altro - dice Milanese - mentre le turbine devono essere separate da più di 300 metri". Questo significa che, invece di avere decine e decine di torri eoliche ad ingombrare il paesaggio, per generare la stessa quantità di energia basterebbero alti e invisibili aquiloni che, a terra, non occuperebbero più spazio di una normale centrale elettrica.
Tutto questo, comunque, per ora è sulla carta. KiteGen, finora, ha solo fatto volare il prototipo, generando, in tutto 2,5 kilowatt. "Ma - assicura Milanese - il prototipo ha rispettato le simulazioni del computer e questo ci rende fiduciosi sul fatto che anche le altre simulazioni siano realistiche". E questo spinge Milanese a pensare in grande. Ad esempio, ad un altro attrezzo per bambini: una giostra. Se si montassero 200 aquiloni su un anello, che la forza del vento fa ruotare, questo movimento potrebbe generare energia con una potenza di 1.000 megawatt, quanto una media centrale nucleare. Occupando, sul terreno, non più di un cerchio del diametro di 1.500 metri. Al costo, calcola Milanese, di 5-600 milioni di euro, un sesto di quanto costi, oggi, una centrale atomica. L'energia prodotta dalla giostra KiteGen sarebbe, infatti, più intermittente di quella nucleare, ma anche assai meno cara. Se la scala fosse davvero di mille megawatt, un kilowattora, secondo i calcoli di Milanese, costerebbe solo un centesimo di euro, un terzo di quanto costa, oggi, l'energia più economica, il carbone. Tutto così semplice? Con le energie alternative, sognare sulla carta è facile. Il responso finale, poi, come direbbe il vecchio Dylan, "soffia nel vento".

qui

Per un approfondimento dlla tecnologia: QUI
.

10 commenti:

zafassa ha detto...

francamente questa mi sembra davvero grossa. a parte che fare ragionamenti sull'energia ricavabile dal vento facendo una media su scala planetaria della velocita' a cui soffia il vento
non depone molto a favore di chi lo ha fatto.

il principio puo' funzionare. quello che mi sembra completamente inverosimile e' la cifra di 1000 megawatt. sarebbe gia bellissimo averne un ventesimo.
mi immagino poi coloro che si lamentano della bruttezza delle pale eoliche...

Massimo J. De Carlo ha detto...

Ti suggerisco di studiare bele la tecnologia prima di dare un giudizio affrettato all'indirizzo:
http://www.kitegen.com/index_it.html

A me sembra che (KWG) il kite wind generator sia uno oggetto da tenere molto in considerazione nel futuro. Forse non risolverà tutti i problemi di produzione di energia, ma potrebbe ben rappresentare una fetta consistente, pulita, sicura, durevole.

Gianni Comoretto ha detto...

Sono astronomo e mi occupo un po' di vento in quota perche' influenza il seeing, il fenomeno per cui le stelle tremolano, che si cerca di contrastare con complicati sistemi di "ottica attiva".

I conti tornano. Il vento in quote è quello, e la potenza che puoi raccogliere per unità di area va con il cubo della velocità. Il problema maggiore è riuscire a controllare gli aquiloni, a mantenerli dove vuoi che stiano, e qui sta il grosso del lavoro che quelli del kitegen han fatto e stan facendo. E' sicuramente un progetto grosso, non la solita pala eolica, ma con basi molto solide.

zafassa ha detto...

ho dato un'occhiata veloce al sito.
molte cose non mi tornano:

1. viene affermato che il vento di 7m/s ha potenza di 200W/m2. nel modello che si studia con venti che aumentano linearmente tra 4 e 7 m/s e una superficie di 5m2 si ottiene una potenza media sul ciclo di circa 1.5-1.7kw a seconda dei tre casi di turbolenza considerati.

2. sempre nel modello, considerano un vento tra i 4 e 7.7 m/s tra 0 e 300m di altezza, in grande contrasto con la figura 2 di
http://www.kitegen.com/pdf/IEEE200611.pdf
non so se si sono basati su un sito particolare, ma essendo la potenza prop. al cubo della velocita' del vento si rischia di sbagliare di un'ordine di grandezza. non solo, ma ritrarre l'aquilone da 300m invece che 800m riduce di parecchio la perdita di energia nel conto che fanno.

3. non ho capito come trasformano l'energia meccanica in elettricita'.

anche su wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Kite_Wind_Generator)
c'e' un articolo, probabilmente scritto da loro, in cui si parla di una "turbina di 1600m di diametro"...:-)
ci sono affermazioni sbagliate di oltre un'ordine di grandezza:
"il vento che si pensa di utilizzare è quello intorno agli 800 metri di altezza con velocità medie di 7 m/s e potenza specifica di 200 W/m2 [1]. Per esempio una sezione di vento larga 1000 metri e con una altitudine tra i 600 e i 1000 metri ha una potenza pari a quella di una centrale nucleare (gigawatt)."

vorrei capire in pratica come pensano di utilizzare una superficie di ben oltre un km2 di aquiloni (per intrappolare 200MW, che poi dovranno in qualche modo essere convertiti in en elettrica).

per quanto ho capito, l'unico vantaggio e' il relativo basso costo ed una eventuale scalabilita' del sistema. ripeto: comincino a fare una centrale che produca 50mwh elettrici all'ora per qualche mese di fila, e vediamo come va. poi valuteremo.

sono benvenute risposte ai punti che non mi tornano (ho dato solo un'occhiata rapida)

Anonimo ha detto...

Il problema di controllare gli aquiloni è un grosso problema degno dei migliori Teorici dei Controlli Automatici, roba da Nobel. Credo però che si possa fare, i sistemi di controllo di aeroplani da caccia (e di missili) gestiscono problemi molto simili ed anzi un aquilone nel vento a 30 km/h mi sembra più tranquillo dei baffi anteriori di un Eurofighter Typhoon che si muovono per tenere stabile l'aereo in situazioni estreme.
Giocando con i prototipi si dovrebbe arrivare a degli algoritmi di controllo decenti. Il problema credo poi sia mettere in piedi la prima giostra con due-tre aquiloni: non è più un simpatico pick-up ma una struttura grande, mobile e quindi molto costosa. Ci vorrebbero i milioni di euro destinati ai progetti di ricerca, ne ho visto buttar via tanti in progetti balordi e qui, secondo me, varrebbe la pena insistere con la regione Piemonte o altri per farsi sganciare cinque-sei miloni per un dimostratore di un certo impatto,
ad esempio un treno tirato da un paio di aquiloni farebbe immediatamente capire le energie in gioco.

Per zafassa: trasformare il movimento in elettricità è facilissimo, quando il motore del rullo tira l'aquilone verso di sé fa un lavoro positivo e consuma energia, quando lo lascia andare frenando la sua salita genera energia elettrica. Esattamente come un veicolo elettrico che frena con il motore e ricarica le batterie.
Il dubbio però non è sciocco, ho visto veri esperti di motori elettrici esitare di fronte al concetto di generazione, dopotutto siamo storicamente abituati a pensare ai motori ed ai generatori come cose del tutto diverse ed invece sono la stessa cosa.
Il KiteGen è anche in questo una sfida culturale, oltre che tecnica.

zafassa ha detto...

andrea c. si qualcosa avevo capito: mi pare che parlano di dinamo da qualche parte. non mi era chiaro se ogni carrello collegato all'aquilone avesse la sua, che gira allo srotolarsi dell'aquilone (a quel punto non vedo perche' tali carrelli debbano essere disposti su un' "anello ruotante") oppure ciascun carrello scorre su un'anello ruotante (come si lascia ad intendere dalla frase "Con 200 aquiloni su un anello ruotante") ciascuno collegato ad un grande alternatore al centro dell'anello.
in tal caso la scalabilita' dell'idea credo verrebbe compromessa dalle difficolta' di costruzione di una centrale di grandi dimensioni.
comunque i numeri che loro forniscono dell'energia prodotta mi lasciano molti dubbi ed e' da questi numeri che dipende l'interesse di questa cosa.

Anonimo ha detto...

Il controllo di diversi aquiloni (soprattutto se come quelli disegnati) mi sembra davvero MOLTO difficile, soprattutto in condizioni reali di vento.
Imparagonabili gli aquiloni con gli aerei, questi ultimi hanno un motore e costanti di tempo molto più grandi. Saluti, Fab.

Anonimo ha detto...

Permettetemi qualche curiosità/dubbio
Il calcolo della energia è stata calcolata dalla potenza (data dalla spinta del vento per la velocità dello stesso) per il tempo di funzionamento. Esempio vento a 7 m/sec spinta Q = ½ ρ vq = 30 N/mq Potenza N=30x7= 210 w/mq (c’è qualcosa che non torna). Aquilone da 200 mq (sfruttabili??)
Energia = 210 x 200 = 42.000 w = 42 KW
1° curiosità: La superficie non è quella totale dell’aquilone disteso, ma la sua proiezione sul piano normale alla direzione del vento (come ordine di grandezza sfruttabili i 2/3, la metà?)
2° se l’aquilone si muovesse alla velocità del vento, la spinta sarebbe zero; viceversa se il cavo stesse fermo, avremmo la massima forza, ma V = 0. Quindi non può essere considerata la potenza teorica indicata dalle vostre tabelle (diciamo potenza dimezzata???)
3° l’aquilone sale trascinando il cavo, poi deve scendere (non precipitare) e il cavo dev’essere gradualmente raccolto; diciamo che il tempo utile sia dimezzato???
In pratica viene un onda pulsante quadra. Per evitare sul generatore un’intensità ad onda pulsante, bisogna sfasare la salita degli aquiloni. Il che complica ulteriormente la loro regolazione ed il richio d0inconvenienti (seppur effettuata mediante programmi informatici)
4° la discesa dev’essere effettuata a cavo teso; con accurata raccolta dello stesso. Altrimenti sarebbe incontrollata e con intreccio di fili; quindi comporta un consumo d’energia non indifferente (diciamo un 20%???)
5° La massa dei cavi quale sarà? Una tonnellata, se d’acciaio (con il rischio che diventi un parafulmine)? 3 o 4 tonnellate, se Nylon (parafulmine solo se molto bagnato)? O forse più? È energia che dobbiamo togliere all’aquilone. E non fruibile.
6° in alta quota il vento è tendenzialmente più costante, ma non mancano i vuoti d’aria e le brusche variazioni (in intensità, direzione o verso); eventuali trombe d’aria. Ci possono essere danni ai fragile e leggeri aquiloni; ci possono essere intrecci di fili? (Specie fra aquiloni contigui posti sulle due tangenti parallele al vettore del vento). Quindi manutenzione frequente e rischi di rotture?
7° nel caso di grandine, di forti temporali, di fulmini; di vento eccessivo. Oppure di carenza di vento, che succede? Durante le ore notturne bastano strumenti e sensori posti in alto, per evitare guai?
8° le fasi di decollo e di atterraggio come avvengono; in contemporanea o uno alla volta? In tutti e due i casi mi sembra sia una fase non semplice; specie in carenza di vento al suolo (cosa che succede nell’80-85% delle ore annuali (in Italia anche il 90%)
9° Un cavo di centinaia di metri tirato con una forza di qualche KN subisce una notevole deformazione seconda la legge di Hooke; che in parte viene restituita elasticamente, in parte dispersa. Ma il problema è che complica ulteriormente il già complesso calcolo cinematico a terra.
Non mi viene in mente altro da chiedere; mi sembra già tanto…

Anonimo ha detto...

Permettetemi qualche curiosità/dubbio
Il calcolo della energia è stata calcolata dalla potenza (data dalla spinta del vento per la velocità dello stesso) per il tempo di funzionamento. Esempio vento a 7 m/sec spinta Q = ½ ρ vq = 30 N/mq Potenza N=30x7= 210 w/mq (c’è qualcosa che non torna). Aquilone da 200 mq (sfruttabili??)
Energia = 210 x 200 = 42.000 w = 42 KW
1° curiosità: La superficie non è quella totale dell’aquilone disteso, ma la sua proiezione sul piano normale alla direzione del vento (come ordine di grandezza sfruttabili i 2/3, la metà?)
2° se l’aquilone si muovesse alla velocità del vento, la spinta sarebbe zero; viceversa se il cavo stesse fermo, avremmo la massima forza, ma V = 0. Quindi non può essere considerata la potenza teorica indicata dalle vostre tabelle (diciamo potenza dimezzata???)
3° l’aquilone sale trascinando il cavo, poi deve scendere (non precipitare) e il cavo dev’essere gradualmente raccolto; diciamo che il tempo utile sia dimezzato???
In pratica viene un onda pulsante quadra. Per evitare sul generatore un’intensità ad onda pulsante, bisogna sfasare la salita degli aquiloni. Il che complica ulteriormente la loro regolazione ed il richio d0inconvenienti (seppur effettuata mediante programmi informatici)
4° la discesa dev’essere effettuata a cavo teso; con accurata raccolta dello stesso. Altrimenti sarebbe incontrollata e con intreccio di fili; quindi comporta un consumo d’energia non indifferente (diciamo un 20%???)
5° La massa dei cavi quale sarà? Una tonnellata, se d’acciaio (con il rischio che diventi un parafulmine)? 3 o 4 tonnellate, se Nylon (parafulmine solo se molto bagnato)? O forse più? È energia che dobbiamo togliere all’aquilone. E non fruibile.
6° in alta quota il vento è tendenzialmente più costante, ma non mancano i vuoti d’aria e le brusche variazioni (in intensità, direzione o verso); eventuali trombe d’aria. Ci possono essere danni ai fragile e leggeri aquiloni; ci possono essere intrecci di fili? (Specie fra aquiloni contigui posti sulle due tangenti parallele al vettore del vento). Quindi manutenzione frequente e rischi di rotture?
7° nel caso di grandine, di forti temporali, di fulmini; di vento eccessivo. Oppure di carenza di vento, che succede? Durante le ore notturne bastano strumenti e sensori posti in alto, per evitare guai?
8° le fasi di decollo e di atterraggio come avvengono; in contemporanea o uno alla volta? In tutti e due i casi mi sembra sia una fase non semplice; specie in carenza di vento al suolo (cosa che succede nell’80-85% delle ore annuali (in Italia anche il 90%)
9° Un cavo di centinaia di metri tirato con una forza di qualche KN subisce una notevole deformazione seconda la legge di Hooke; che in parte viene restituita elasticamente, in parte dispersa. Ma il problema è che complica ulteriormente il già complesso calcolo cinematico a terra.
Non mi viene in mente altro da chiedere; mi sembra già tanto…

Anonimo ha detto...

Permettetemi qualche curiosità/dubbio
Il calcolo della energia è stata calcolata dalla potenza (data dalla spinta del vento per la velocità dello stesso) per il tempo di funzionamento. Esempio vento a 7 m/sec spinta Q = ½ ρ vq = 30 N/mq Potenza N=30x7= 210 w/mq (c’è qualcosa che non torna). Aquilone da 200 mq (sfruttabili??)
Energia = 210 x 200 = 42.000 w = 42 KW
1° curiosità: La superficie non è quella totale dell’aquilone disteso, ma la sua proiezione sul piano normale alla direzione del vento (come ordine di grandezza sfruttabili i 2/3, la metà?)
2° se l’aquilone si muovesse alla velocità del vento, la spinta sarebbe zero; viceversa se il cavo stesse fermo, avremmo la massima forza, ma V = 0. Quindi non può essere considerata la potenza teorica indicata dalle vostre tabelle (diciamo potenza dimezzata???)
3° l’aquilone sale trascinando il cavo, poi deve scendere (non precipitare) e il cavo dev’essere gradualmente raccolto; diciamo che il tempo utile sia dimezzato???
In pratica viene un onda pulsante quadra. Per evitare sul generatore un’intensità ad onda pulsante, bisogna sfasare la salita degli aquiloni. Il che complica ulteriormente la loro regolazione ed il richio d0inconvenienti (seppur effettuata mediante programmi informatici)
4° la discesa dev’essere effettuata a cavo teso; con accurata raccolta dello stesso. Altrimenti sarebbe incontrollata e con intreccio di fili; quindi comporta un consumo d’energia non indifferente (diciamo un 20%???)
5° La massa dei cavi quale sarà? Una tonnellata, se d’acciaio (con il rischio che diventi un parafulmine)? 3 o 4 tonnellate, se Nylon (parafulmine solo se molto bagnato)? O forse più? È energia che dobbiamo togliere all’aquilone. E non fruibile.
6° in alta quota il vento è tendenzialmente più costante, ma non mancano i vuoti d’aria e le brusche variazioni (in intensità, direzione o verso); eventuali trombe d’aria. Ci possono essere danni ai fragile e leggeri aquiloni; ci possono essere intrecci di fili? (Specie fra aquiloni contigui posti sulle due tangenti parallele al vettore del vento). Quindi manutenzione frequente e rischi di rotture?
7° nel caso di grandine, di forti temporali, di fulmini; di vento eccessivo. Oppure di carenza di vento, che succede? Durante le ore notturne bastano strumenti e sensori posti in alto, per evitare guai?
8° le fasi di decollo e di atterraggio come avvengono; in contemporanea o uno alla volta? In tutti e due i casi mi sembra sia una fase non semplice; specie in carenza di vento al suolo (cosa che succede nell’80-85% delle ore annuali (in Italia anche il 90%)
9° Un cavo di centinaia di metri tirato con una forza di qualche KN subisce una notevole deformazione seconda la legge di Hooke; che in parte viene restituita elasticamente, in parte dispersa. Ma il problema è che complica ulteriormente il già complesso calcolo cinematico a terra.
Non mi viene in mente altro da chiedere; mi sembra già tanto…